Bronzo lucido / bronzo lucido e patina bianca- 2021
cm H 33 x 16 x 17
JUGGEN
Il titolo deriva dal giapponese ed indica le capacità misteriose che non possono essere descritte a parole; inoltre il termine letterario “simbolismo” dal punto di vista artistico è considerato in italiano il più vicino al significato di questa parola. Il termine Yugen, infine, che letteralmente si traduce con “leggermente scuro”, ha una vasta gamma di significati. Non serve infatti solo a descrivere il fascino delle cose in penombra di cui non riusciamo a conoscere del tutto i limiti ed i particolari, ma si usa anche con senso più ampio, per indicare ciò che essendo oscuro, è insondabile, misterioso ed imperscrutabile poiché al di là dell’umana comprensione: un’opera d’arte ci trasmette yugen quando riusciamo a cogliere in essa un bagliore, un’impressione che per un attimo, anche se a parole non riusciremmo mai a spiegare come, sembra rivelarci qualcuno dei segreti dell’universo. Si apre quindi una porta: grazie al nome Yugen, la nostra mente può cominciare a riflettere su quello che è il rapporto tra il nostro essere fisico e spirituale, e l’universo che ci circonda. La superficie è ricoperta di simboli. Il primo si chiama Antahkarana: si tratta di un antico simbolo di guarigione e meditazione che è stato usato in Tibet e in Cina per migliaia di anni. Essi descrivono l’Antahkarana come un simbolo di connessione tra mente fisica e il Sé Superiore. Esso origina effetti benefici sui chakra e sull’aurea anche solo con la sua vicinanza.
Infatti se si svolge un’attività meditativa con il simbolo posto sul corpo o semplicemente vicino a esso viene generata la grande orbita macrocosmica (come definita dai taoisti). La grande orbita macrocosmica influenza, a sua volta, tutto il flusso energetico. Questo, infatti, invece di essere assorbito dal chakra corona, che si trova alla sommità del capo, verrebbe assorbito dai piedi. Ciò consentirebbe un afflusso continuo di energia che coinvolge tutti i chakra, saldando il corpo fisico alla terra. Questo simbolo significa altresì “conoscenza interiore” o “mente manifesta”. Rappresenta una facoltà mentale, “sukshma-sharira”, che include le funzioni della mente, sia quelle più elevate, sia quelle intermedie, che scendono per reincarnarsi. Antahkarana è quindi considerata un “ponte” che agevola il passaggio verso stati mentali più evoluti. Per questo si ritiene utile nella meditazione. Antahkarana concentra e amplifica il Reiki o altre energie curative e, a quanto pare, connette anche il cervello con il Chakra della Corona, influenzando in tal modo positivamente tutti i centri energetici e l’aura del soggetto. Durante la meditazione, il simbolo pare spostarsi e mutare, dando origine ad altre figure. Può essere impiegato per liberare le energie negative presenti in cose o persone e per pulire i cristalli. La sagoma emana sensazioni di positività e sacralità: non si tratta di uno dei simboli Reiki andati perduti, ma è comunque positiva per qualsiasi campo. Il secondo, ed ultimo, simbolo presente sull’opera è il Nodo Infinito: è uno dei simboli maggiormente utilizzati nell’iconografia tibetana, si tratta di un nodo chiuso intrecciato in una geometria di linee altresì intrecciate tra loro. Questo simbolo è come se parlasse di un inizio senza una fine. Un movimento interminabile e infinito. Infatti il primo significato di questo simbolo è proprio una profonda e sacra conoscenza, l’eternità degli insegnamenti del budda e la sua rappresentazione della sua grandissima saggezza. Tutta l’opera ci parla di un momento di profondissima riflessione, alla ricerca di una consapevolezza superiore capace di trascendere il materiale, per raggiungere un’ancestrale conoscenza di noi stessi e dell’universo stesso, in quanto parte di esso come cellule pulsanti di energia.